martedì 30 aprile 2013

Rapsodia in rosso, una lettura di Simone Sabadin (Arthur Rêve)

Pubblico così come ricevo, con molta gratitudine (la forza è anche questo!:-)


Alors, ecco le mie impressioni.
La polisemia dilaga ma come un fiume piano e quieto. Ho trovato, sotteso allo sgranarsi del verso, un basso continuo sensuale che mi ha richiamato (cito a memoria e forse sbagliando) il " Je cherche un peu d'ombre et
odeur" di Verlaine quando parla dell'eterno femminino. Il nitore metafisico
dell'Uno è sostanziato, consolidato dal respiro sensoriale delle parti e
questo è un pregio perché alludere l'indicibile è cosa rara ma farlo attraverso un contrappunto così fine ancor di più. Hai scelto una forma ostica, il mandala è la figura che più si attaglia al tuo inno rapsodico.
Il centro sussume il moto, il rombo intorno al " silenzio - sterminato - di Dio " ed è li che il linguaggio orbita con i suoi frammenti meteoritici, tautologie sempre vere e inveranti l'Essere (Ludwig). 
C'è un antropomorfizzazione cosmica affascinante (l'ossario, la pelle dell'universo, la pelle del Sole) ma, al contempo una divinizzazione panica del creato (il sesamo di prati bagnati, la carnosità floreale che ingigantisce l'atomo della parte). In altri momenti, pur senza incrinarne il respiro, si insinua nei versi un elemento di inquietudine (la veglia come coscienza della caduta, "ogni simbolo ti scoppia dentro un petto senza spazio") ma è assorbito da una dialettica che impedisce ogni stagnazione. Insomma, Carlà, non mi dilungo ulteriormente con questa mail, essendo un sintetico farabutto ;-). Sappi che ho letto con entusiasmo la tua Rapsodia mi piace l'idea di avertene reso partecipe attraverso le mie impressioni e non per mezzo di una critica tout-court. Detto questo se ne potrà discorrere ancora, bien sûr!




domenica 28 aprile 2013

Sein und Zeit

i quattro elementi fondamentali per Heidegger sono:

- terra, cielo, uomo, Dio -

Ne parlavo ieri sera con mio fratello...
abbiamo parlato anche di Baudelaire e dei suoi fiori del male, della poesia: il viaggio
di come ha scoperto ora *Narciso e Boccadoro*
il grande Hermann Hesse...
L'arte vista dai grandi del pensiero ...
l'importanza delle proporzioni - che ha valenza matematica
l'esperienza, lui è geologo...


Ma più di tutto, mi è piaciuto quella possibilità
di trovarsi in uno stato di grazia, quando si raggiunge, in mezzo all'elemento natura e alla sua ostilità, quella condizione di *consapevolezza divina*
quel sentirsi protetti, nonostante la fatalità.

* * *

Baudelaire ha creato tra le similitudini dei rapporti basati sui SENSI

Se noi osserviamo un quadro, e l'immagine riflessa ci riporta a dei ricordi
se vediamo il mare, ad esempio, possiamo immaginare il suo odore?
Sarebbe più giusto dire che;
potremmo SENTIRE il suo odore, così come è possibile sentire l'odore di un ricordo, il suo profumo legato ad una immagine.

a tal proposito riporto una poesia tratta da: i fiori del male

Lettore, qualche volta hai respirato
con ebbrezza, lentamente assaporandolo,
il grano d'incenso che in una chiesa si spande
o da un sacchetto il muschio inveterato?

Profondo, magico incanto con cui ci ubriaca
nel presente, tornato intatto il passato?
Così l'amante, sopra un corpo adorato
coglie il fiore *squisito* del ricordo.





venerdì 26 aprile 2013

Piccole considerazioni sulla paura

Da piccola ricordo che non sopportavo la luce, quella accesa in anticamera, dove mia madre sostava un tempo lunghissimo. Per prendere sonno esigevo il buio completo, ma allo stesso tempo lo temevo.
Allora mi alzavo, in punta di piedi, e percorrevo il corridoio fino a raggiungere la luce, e la figura madre seduta allo scrittoio. Volevo raccogliermi sul suo grembo per prepararmi al sonno, per poi farmi inghiottire dai sogni. E sulle sue ginocchia sconfiggevo la paura, abbandonando ogni resistenza, e il pianto,
che la pura mi serrava nelle viscere.




La paura è una canaglia
striscia, silenziosamente
e paralizza ogni canale.
Il tremore prende piede, si espande
raggiunge le estremità degli arti, 
si accorpa alla sfera emotiva,
a cui sfugge ogni controllo.
Allora la barriera non è più
la ragione
ma un corpo senza scudo,
che come un mare aperto
si ritira.


mercoledì 24 aprile 2013

Cromia delle forme

Si ricevono ri vestimenti

come sudari in vestiti di vento

la ri composizione spetta a chi seduce

prima della forma, l'esistenza

poi viene l'odore

di de composizione

di ciò che non ha luogo.


è necessario un ritorno

alla norma dei valori

- il giusto ph del sangue -

domenica 21 aprile 2013

Premio Fortini terza edizione


Ieri è stata una giornata memorabile per me, e questo lo devo a persone come Gianmario, Fiammetta, e a tutti quelli che erano presenti in quella sala, alla loro accoglienza, al caldo color miele delle travi e alle note del bravo musicista, Matteo Ederle.
Mi sono subito sentita a mio agio, accanto ad Ennio Abate, persona squisita come del resto Fiammetta Giugni e Arnaldo Ederle. la  prima in ordine di lettura (meno male conoscendo la mia emotività).
La voce era ferma e calma ma la mia mano tremava involontariamente...è stata una esperienza incredibile, come un parto...dopo ho sentito una liberazione espandersi in tutta la stanza, mi sono sentita bene.
Ho ascoltato con interesse ogni lettura accompagnata dalle note vibranti della chitarra e le persone di fronte a me erano trasportate, chiudevano gli occhi, erano molto vicine.
Alla fine della lettura, quando tutti si sono alzati, sono venute verso di me delle persone, volevano una dedica sul libro, mi hanno fatto i complimenti e ...mi hanno detto che avrebbero voluto che io leggessi di più, e proprio questo fatto, l'aver letto pochi frammenti, ha incuriosito la loro anima verso la mia, ha fatto desiderare loro di approfondire la lettura,  addirittura una persona li presente, Marina, ha notato quanto la mia poesia le ricordi quella della Dickinson.
Quale complimento avrei potuto desiderare di più? Ho sentito una sintonia e un calore che mi hanno fatto bene.
Grazie di cuore!

Vi inviterò nella mia terra, è una promessa.

 



mercoledì 17 aprile 2013

La poesia che “serve” a qualcosa - di G. Lucini

C’è la diffusa convinzione che la poesia, così come la filosofia, per essere tali in modo autentico non debbano “servire a nulla”, nel senso che non debbano essere pensate e scritte in vista di un qualsiasi scopo, perché lo scopo sarebbe una condizione obbligatoria, un vincolo alla libertà della poesia stessa.


Di primo acchìto vien da dare ragione a costoro, perché l’intento è nobile ma, a mio avviso, tanto è nobile quanto è ingenuo. Esiste, infatti, un’azione che si fa senza scopo? Senza un obiettivo? Non credo che possa esistere una qualsiasi attività umana senza obiettivo, se bene riflettiamo. Piuttosto, affermare che qualcosa è “senza scopo” e “non serve a nulla”, è un modo, in verità un po’ maldestro, per nascondere o nascondersi il vero scopo, che non si vuole ammettere per i più svariati motivi, non ultimo quello di evitare un conflitto fra codesto scopo e il quadro generale delle proprie convinzioni e/o della propria etica.
Piuttosto, ancora, sarebbe da meglio puntualizzare questo concetto ed affermare, con coraggio e con realismo, che l’arte non debba servire “nessuno”, non “a qualcosa”. Già il fatto che l’arte si esprime con un linguaggio non può prescindere dallo scopo del comunicare, e se comunica è ovvio che comunichi dei contenuti: è impossibile infatti comunicare il nulla, fino a prova contraria.



L’arte, la poesia, debbono dunque farsi carico di questi contenuti, ossia di una componente etica e non soltanto estetica di quanto esprimono. Un dipinto, una musica, una poesia sono suoni, parole, colori ma sono anche linguaggio e se lo sono, esprimono anche un’intenzione, un pensiero, dei concetti, delle idee, un orizzonte, un mondo che può essere reale o immaginario, vero o falso, buono o cattivo, conscio o inconscio, bello o brutto, ma sempre intenzionale. Se a un pittore viene chiesto perché dipinga, egli risponderà che è il suo lavoro, il suo sostentamento. Ma se gli chiediamo perché dipinga certi soggetti piuttosto che altri, o in un modo piuttosto che in un altro o con particolari tecniche, materiali, colori, ecc. allora dovrà rendere conto di queste intenzioni, che in qualche modo rispecchiano la sua visione del mondo e la traducono nella sua opera. La sua opera è, in altre parole, il pittore stesso e la sua pittura ha una particolare ontologia, diversa da qualsiasi altra. Lo stesso accade nella musica, nella pittura, nell’architettura, nel teatro.
Se dunque il messaggio di un artista veicola tutto questo (e molto di più), è impossibile dire che “non serve a nulla”, ma è più corretto cercare di capire, attraverso appositi strumenti critici “a che cosa” serva, ossia dove l’artista vuole andare a parare, le sue reali intenzioni che aveva al momento di scrivere l’opera.
Questo fatto, peraltro, rende ragione ai generi dell’arte, in particolar modo della poesia. Noi infatti abbiamo sentito spesso affermare: “la poesia lirica non serve a nulla” oppure “la poesia civile ha fatto il suo tempo” oppure “il dialetto non può essere la lingua della poesia” o altre cose del genere. In verità queste semplificazioni sono l’esito di uno sguardo miope sulla poesia, uno sguardo che si focalizza soltanto sugli elementi estetici e non su quelli etici della poesia, tende cioé a depotenziare il messaggio poetico o il “pensiero poetico” e ridurre la poesia a una specie di arte decorativa, di artigianato delle parole, il cui unico scopo sia l’accarezzare in qualche modo l’orecchio con le assonanze, le allitterazioni, le rime, la prosodia, la metrica, gli accenti, ecc. ecc., una specie di lallazione sublimata che si evolve dalla culla alla bara. A mio modo di vedere, questa concezione di poesia “insensata” (perché povera di senso e non perché senza senso) risponde a un criterio edonistico dell’arte come “divertimento altro” o diversivo o tentativo di evitare, con una presunta neutralità ideale, la reazione negativa di quel lettore che potrebbe essere in disaccordo su una determinata visione del mondo. Per dirla fuori dal denti: poeti come Pasolini, come Testori, o per stare nella nostra cerchia di poeti senza pretese un Guglielmin, un Cohen, un Di Stefano, un Abate, non si possono leggere senza fare i conti con una ben delineata identità politica, così come non possiamo leggere Bonsante senza fare i conti con le nostre convinzioni filosofiche o le poesie di Garbujo o un paio di raccolte del sottoscritto senza fare i conti col proprio orizzonte religioso oppure le poesie di Éderle, di Iorio, di Giugni, di Inversi o di Tanzi o di altri senza fare i conti con la propria idea di poesia lirica. Se io cerco una poesia che eviti questi scontri possibili con i gusti del lettore, la posso anche trovare, ma che cosa mi rimane? Il nulla che però non è nulla ma è la mia intenzione di scrivere una poesia che vada bene a tutti (ottenendo perciò proprio il contrario di quanto mi ero prefisso).
Di fronte a questo, è bene invece che l’artista adotti un altro comportamento, a mio avviso più coerente anche con una idea di “ruolo” dell’arte nella civiltà, che è quella di “dichiararsi”, ossia di mostrare e non nascondere il proprio mondo, "mettendoci la faccia", mettendo i risalto gli aspetti problematici del proprio pensiero, lasciando cioè spazio alla critica, allo scambio delle idee, ai contenuti. La poesia italiana ha straordinari contenuti, dal grande Dante (in molti aspetti ancora attuale) fino a tutto il ‘900 (Sbarbaro, Saba, Ungaretti, Montale, Quasimodo – così maltrattato da alcuni – Luzi, Pasolini, Fortini, Zanzotto...): i nomi più noti, sono tutti nomi di poeti che hanno portato contenuti, “poetiche” nuove fatte non soltanto di estetismi ma di “pensiero” robusto.


sabato 13 aprile 2013

Danza dei corpi delle voci


Il sole brilla, e tremula è la luce

che propaga dalle travi.

La mansarda è un guscio caldo che si apre

alla voce dei poeti.

Armonica del mio contrabbasso

l'amalgama rossa

che fugge nel suo liberarsi.



giovedì 11 aprile 2013

Premio Fortini 2013


In allegato la locandina per la premiazione del Fortini 2013, che prego di far girare fra i vostri contatti non troppo lontani da Sondrio (fra Sondrio e Milano: oltre la vedo un po' problematica).
Non è citato Sebastiano Aglieco, che ha chiesto di ritardare la sua pubblicazione, per ragioni di calendari editoriali e al quale eventualmente dedicheremo una specifica presentazione a Milano (così come per Abate, Giugni, Frisa e Bariffi) e a Monza. In ogni caso, se Sebastiano vorrà venire parleremo anche della sua prossima pubblicazione.
Non tutti i libri presentati sono premiati, per la semplice ragione che non tutti i libri di un concorso vengono premiati, ma vorrei associare il lavoro dell'ottima Frisa e di Carla Bariffi, che lentamente sta "venendo alla luce", in un unico evento.
Ci sarà Arnaldo Éderle, con il figlio che è un bravissimo musicista.

Colgo l'iccasione per salutarvi, augurandomi che venga un po' di gente
Gianmario









ecco il link, finalmente...
Grazie Elio!
:-)

martedì 9 aprile 2013

Spirito sottile

Camaleontica

la mia anima e l'aspetto

dove la natura definisce

l'infinito delle forme si proietta.

Per questo amo il fiore dell'ibisco,

il rosso che sfuma nel prugna

e il bianco d'avorio che assorbe.



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domenica 7 aprile 2013

Rapsodia in rosso: una lettura di Stefano Re

Rapsodia in rosso
L’ultima prova di Carla Bariffi è un poema ben fatto, costruito con impegno e serietà poetica.
Non c’è spontaneità d’ispirazione, c’è piuttosto il lavoro del poeta che dall’ispirazione trova gli elementi poetici per trasformare l’intuizione in un’opera d’arte. Qui ogni verso dà ragione al significante, qui il ritmo condiziona le scelte dell’autrice, qui la poesia si veste di quello che viene sapientemente chiamato: labor lime. Qui c’è poesia.
“Rapsodia in rosso”, per i tipi di CFR Edizioni, è un libro da leggere, un poema che si sviluppa su più registri.
Ivan Fedeli, nell’ottima e chiara prefazione, parla di due codici, quello poetico e quello della speculazione filosofica. Io ne aggiungerei un terzo, quello della passionalità. Ma di quella passionalità che, partendo dall’etimologia, ostenta sopportazione sofferenza e per estensione martirio. Qui la poesia sanguina, soffre nella scelta di una terminologia che superando la speculazione filosofica trova sfogo nella contemplazione, spesso ferina, della natura, tanto che la stessa poesia si tinge di rosso, di quel rosso che per Kandinskij risveglia in noi l’emozione del dolore. Ed è necessaria, per Bariffi, la grazia. La natura, ma anche l’uomo, come “tessuto di nodi”, ha bisogno della grazia per redimersi, per ritrovare quella pace atavica e primordiale. Dice Bariffi: “La grazia/ conosce la trama del fiore/ nel petalo rosa il mio rosa/ nel rosso che goccia il mio sangue/ la spina che spingi/ e lo sai” (pagina 36).
E’ un poema che si concentra sulla continuità dialettica, è come se l’autrice rendesse testimonianza di un vissuto che spesso le sfugge. Si abbarbica al ricordo e a quell’evento (ma non sappiamo qual è)che per evocazione rimanda il tutto al rischio della dissolvenza: “I funerali si susseguono/ prima della festa patronale/ come persecuzione di ombre/ l’incessante movimento del tempo/ è una mano che sbatte e rigira/ le nostre vite come bandiere al vento” (pagina 16)
Ed è in quest’assorbimento della sofferenza della natura, che l’Autrice propone la sua possibilità, una delle possibilità percorribili, ossia la possibilità dell’isolamento: “L’isolamento/ è condizione preliminare/ per ascoltare ogni vibrazione./ La legge del cosmo è rigore” (pagina 42), ma subito sente la necessità di rivolgersi a qualcosa di trascendente, sente la necessità di Dio, riconoscendogli il dominio della natura stessa, ma anche l’abbandono di ogni creaturalità: “E’ il silenzio/ che domina il pianeta/ non la musica o il canto/”il suono in senso pieno”/ ma il silenzio – sterminato – di Dio” (pagina25).
E dentro questo vortice di emozioni, speculazioni e abbandoni, ecco in sottofondo l’eros, la forza generatrice, il gesto che unisce per moltiplicare: “Lungo l’epidìdimo/ attraverso l’erogena zona/ che divide il cratere dal vulcano./ Nel Perinèo,/ abbandono il disegno delle labbra./ Perigonio, all’apice del fiore/ il tepalo trasmesso per scissione/ lo scarto – epidurale del pistillo/ che genera con-tatto” (pagine 23 e 24).

Un libro che va letto, meditato e gustato in tutta la sua bellezza.

sabato 6 aprile 2013

Campo di crochi


Campo di crochi
lungo l'argine diviso
del mio scellerato cuore.
L'ultimo sole di marzo
è un lume che il vento trasporta,
la preghiera solitaria dei miei passi
sul sentiero del ritorno.



31 marzo 2013

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