lunedì 29 luglio 2013

Le volpi gridano in giardino, Stefano Guglielmin

Sperimentazione,
questa è la parola che mi viene in mente leggendo “Le volpi gridano in giardino” di Stefano Guglielmin. 
Il tentativo di ricercare una costruzione che agli occhi del poeta stimoli le connessioni mentali, un linguaggio difficile a tratti, a tratti anonimo perché non sempre ci è chiaro il soggetto, o il senso, e questo ci spaesa, ci rende nomadi all'interno di un percorso dalle molte ramificazioni. 
Penso che la sua voce sia volutamente indiretta, lontana, suggestiva. 
Nella sezione "Canti partigiani", la sequenza di: C'è bufera dentro la madre, mi fa pensare a un viaggio interiore lungo la propria esperienza, dentro la propria natura, che è quella dell'uomo che (non) si nasconde. 
Nella sezione: "Canti dell'amore coniugale", invece, ho trovato l'essenza della sua poetica; ibrida, eterogenea, che su più fronti fronteggia, la parola e la sua manifestazione. 
Poi c'è una sintassi personale, ricca di avverbi e congiunzioni. 
Ci ho ritrovato Goethe, Tarkovskij poeta, Gozzano, Campana, Leopardi, Calvino e, lui non lo sa, Leibniz!

Però, davvero, ancora mi domando…




Però, davvero, ancora mi domando
se questo paravento abbia un senso, se questa messa
in pena valga la cera e quanto o invece
buchi meglio lo scherno l’impiego crudo del vero
con corpi monchi e scalpi o l’allegoria
feroce che fa da linfa alle feste del potere
da Luigi quattordici alle undicimila verghe alle centoventi
di Salò, baionette antiborghesi, anche se poi
tutto rapprende in solida bolla, s’ingloba
in carta buona e lancio editoriale.
Però la borghesia, forse, per quanto
piccola, e il proletariato e l’ospite indesiderato
sono comode figure, semplificazioni che sporcano
di meno. Ideologie, appunto, tare. O almeno, così pare
se è di questo che da Parigi a Casarza si dice
e non, invece, come credo, della bestia oscena
del maschio disumano lanciato contro la femmina
motrice, chimera che spaura perché più dell’uomo penetra
più di lui domina la scena. Forse di questo stiamo parlando
anche quando cantiamo l’amore o i punti vinti al gioco
quando chiediamo se val bene questo
quello o l’erba in mezzo, come a beato ristoro
poetando.


mercoledì 17 luglio 2013

Gatti di montagna


Il corpo, talvolta

Pare che il corpo consista
in tante piccole buche, in vuoti vicini,
in imbuti, dove la vita si versa
e scompare. Scroscia invece in quella gora
il volo largo della specie, la spina
che volta in salvia il lutto, e ci fa chiari.

Stefano Guglielmin, da *Le volpi gridano in giardino*




Gatto di casa



lunedì 15 luglio 2013

per Valter Binaghi



Per Valter Binaghi, 14 luglio 2013 – Giorno della presa della Bastiglia

Il fiore della magnolia
accompagnerà il tuo essere nell’Eden.
Un giardino che esiste oltre le doglie
di un reale immaginario,
un giardino che persiste
nello sguardo del Demiurgo.
La morte riserva degli effetti
inconoscibili,
affetti che non mutano nel tempo,
anzi lo affilano, nell’inciderne il dolore.
La mancanza che deriva
deve essere sorgente.


* * *



aggiungo questa splendida intervista del mio caro amico Valter





http://valterbinaghi.wordpress.com/2012/12/12/il-meglio-di-doctor-blue-2007-2012-gratuitamente-scaricabili-in-pdf/

giovedì 11 luglio 2013

Gita a Lugano, 4 luglio 2013


Partenza da Bellagio per Menaggio


zia Adelia e Renata


in attesa del pulmann


Santa Maria degli Angioli


San Sebastiano e San Rocco


particolare


Madonna con bambino


Tre affreschi


Crocifisso con Madonna


Scrittura


* * *


di fronte alla chiesa


(Cioccolateria svizzera :-)


Rientro verso casa

martedì 9 luglio 2013

Tra sogno e realtà, Aldo Bariffi

Si tratta di un album di fotografie e pensieri, dattiloscritto a macchina (quella antica di Hemingway) e rilegato con spirale. Copre un periodo di 10 anni, dal 1972 al 1982.


Le riflessioni nascono da istanti, di silenzio dominante, che solo certe personalità sanno affrontare, altrimenti il panico subentra, un'atavica paura che protegge, l'altro da noi, l'io dal Tutto.
La natura è un percorso da affrontare, in cui immergersi per ritrovarsi, per riconoscere il larice cristallizato, o la neve, dopo che è stata valanga.


La morte, quando ci sorprende ancora giovani, ha un effetto drammatico.
Vorrebbe essere svelata, ma il mistero permane, mummificato fino alla polverizzazione, di un ricordo sulle note di un diario. Goethe accompagna l'agonia.
In calce, la (sua) parola. Fine.



"Non cercate di capire o di spiegare ciò che vi circonda, ma accettate ciò che vedete, come la libera espressione della natura, che ha posto pietra su pietra, masso contro masso...)"
Goethe


Non si trova in commercio, e forse per questo mi è ancora più caro, anche se vorrei si divulgasse la bellezza che certi paesaggi dell'anima sanno immortalare.
Ho riscoperto mio fratello attraverso queste sue esperienze, scalate affrontate da solo ma anche con i suoi più cari amici, storie, aneddoti, poesia. Ho respirato le altezze, il freddo siderale e le scie luminose delle stelle come archi attraverso le cime, verso l'assoluto e i limiti del tempo, verso la sua identità, che riconosco nella mia, inebriandomi ad ogni passo di lucida commozione, di emozione fatta genesi e universo.


L'esperienza dei suoi diari, apre una nuova dimensione nel mio microcosmo di affetti, portandomi a contatto con la condizione suprema:
quella della consapevolezza.

lunedì 8 luglio 2013

Per il bosco, Gianmario Lucini. Impressioni da una lettura


Avrebbe dovuto intitolarsi: Quaderno dei dialoghi perduti, questo percorso dentro il bosco, lungo le sue immagini stampate in bianco e nero, forse come desiderio di lasciare alla memoria il compito di risvegliarne il colore.
La forza di questa lettura sta nel suo penetrare le emozioni, in quel tocco sapienzale che ripercorre, nella bellezza dei paesaggi, una genesi atavica, perchè la Natura è terreno dominante, così come la solitudine quando varca le sue soglie più segrete, con la consapevolezza dello stupore e il disincanto della rassegnazione.
Ci si addentra nell'intimo viaggio di un uomo, dell'uomo che vuole affrontare il mistero di un tempo interiore, che mostra i suoi orizzonti come: "Guanciali di gioia sulla pietra" (pag. 22), *Piccoli fiori sulle alture*

* * *
Guanciali di gioia sulla pietra
dove il crinale accarezza il sorriso del cielo
nel silenzio passiamo i giorni dell'estate;
acceso il viola che trema nel vento
a rammentare che la vita è soltanto un frammento
di tenace poesia,
che la Storia è anche questa lontananza
che non conosce storia,
di magnifici poemi
che non conoscono parole.

* * *

Il colore brulica dentro i pensieri, nell'oro del silenzio e nel vermiglio delle solitudini, quelle disseminate lungo i declivi delle alture, o lungo i sentieri verso il cuore della selva.



* * *

lasciano segni le dita dell'Immenso
sulla tenera scorza della terra,
lasciano riflessi le sue lacrime,
colori d'indaco e d'arancio
e crepe e ferite
che il crepuscolo farà sanguinare;

ma la notte tutto assorbe
nel grande abisso del Nulla:
spalanchiamo dunque gli occhi nella notte
come fa la civetta,
risaliamo l'abisso della notte
con la tenacia della formica ...

* * *

Oscurità e bagliore accompagnano questo viaggio, questo intimo bisogno di ritorno, all'essenziale delle cose, all'antico richiamo del tempo, alla bellezza, effimera, del creato.

* * *

Quando possiederai la mitezza dei miei occhi saremo
fratelli e vedrai colori
mai veduti,
conoscerai il destino
come conosci l'ora del giorno
avrai il coraggio di accucciarti sulla nuda
terra schermandoti l'occhio
alla troppa luce.

Non ci sono ragioni per l'improvviso
tuffo al cuore,
non ragioni per l'anelito
al punto dove attende ogni essere.
l'amore è soltanto
madre.

* * *

Alla fine della lettura, si avverte forte la dimensione superiore dell'uomo, quella che lo avvicina alla dimensione divina, a quell'"Eterno orizzonte di pace", condanna e rifugio da sempre.

* * *

Su questa panchina potrei anche morire
figgendo lo sguardo sulle nevi di maggio
ed esalare il "Nunc dimittis" con il cuore in subbuglio
per tanta pace e avvertendo sul capo
finalmente sgombro levissimo
il respiro dell'Eterno.

.



domenica 7 luglio 2013

Palingenesi

L'antico roseto ha bisogno di innesti
in fondo noi rechiamo
il sangue e il pane
legati tra loro da lunghe
memorie.

Palingenesi in dimora
la nostra identità cristallizzata.

* * *

La memoria è un archivio

incommensurabile.
La sua misura, una nicchia escatologica.
Il mio santo calice del Graal.

*


Si scoprono archetipi

frugando nella casa,
statue di cera che si sciolgono
a contatto con la pelle.
Sprigionano gli enigmi
di un tempo prematuro.

*


Ombre crepuscolari

segnano un tratto d'esistenza.
margini incondizionati ai bordi del conoscibile,
particelle declinate verso un dove universale.
- Declinatio, inclinatio o clinamen -
Si esprimono dal Nulla.
da un'invisibile dimensione definita come:
solitudine esistenziale
non catalogabile, essenziale
nella sua offerta del Sè.

*

L'offerta del Sè

richiede un'apertura senza dogmi,
un'abbandono che è accoglienza di un legame
importantissimo, per le tue origini.

*


Nel cuore si conservano memorie

che non conoscono la condizione del tempo
restano immagini ferme
nitide come lo sguardo
di un angelo, dal comodino.

*


Le prospettive cambiano sempre
perchè l'uomo si muove nello spazio.
Breglia ora è di fronte, in linea d'aria.
Questa mattina, lungo il cammino, era sempre di fronte.
La perpendicolare, cadendo, forma una linea retta;
rivela gli spostamenti mentali.
Il luogo non muta, cresce.

*


L'esperienza è un tracciato

che bisogna apprendere col tempo,
fotogrammi indistruttibili
alla ricerca di un senso,
il nostro io smascherato
che palpita nel volo.

*


Dobbiamo ricordarci i punti focali,

quelli che lasciano un segno nella memoria.
La malinconia, come la musica
sa esaltarli al massimo grado.

*


Ti cercavo nell'altrove del creato, 

inconsapevole...


Siamo barricati nel nostro destino
o meglio, nella nostra idea di destino.
Poi basta un segno del tempo,
di un tempo che ti appartiene,
a distruggere ogni difesa,
esponendoti il cuore e i pensieri.

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