domenica 27 ottobre 2013

Brevi canti del mare, (silloge inedita)


Vorrei vedere la risacca
per poi narrarti sensazioni
descriverti la sabbia molle e vasta 
l'impronta dentro l'onda
nel rivolo sottile della schiuma
- l'interruzione, nel deserto bianco -

*

Girano le grigie pale
sul bianco muro
girano i pensieri liberi
coriandoli di luce inesauribile
gira questo mio tempo
a rincorrere la mia infanzia
senza tempo.

*

Non è banale
quel canto improvviso che sale
le indefinite note
senza tema
da questo giaciglio provvisorio
da questo
moto ondulato del tempo
(mi tremi ancora dentro).

*

Quali segreti
potrò riesumare
da questo guscio vuoto
cesellato dal mare?
Quale paura
potrò contenere
nei giorni a venire
dove tu non sei il punto?
Verso quel cortile
- nel violetto di lavanda -
mi sprofondo.

*

Ho liberato
la mia follia nel timore
di poter farti del male;
un tempo giocavo con parole
come pietre
non ti sapevo ancora
leggerezza.

*

Scrivo
per ritrovarti accanto
nel fulgido mattino che sorprende
o nel meriggio assorto della siesta
tra il gelsomino e passeri piangenti
lungo la battigia
- assolata e deserta -

*

Non posso stare
senza questo tormento
che mi irretisce la mente
sbalzando nel vento la vela.
Non c'è albero
ad impalare il bianco.

*

Assecondare l'onda
nell'incalzante ritmo che s'impone
salendo e ripiegando
lasciando scivolare la paura
- l'azzurro elegge un cielo senza fine -

*

Nel rimescolio
di quest'ora triste
vaga lontano
l'occhio assorto
- la gru oltre l'ardesia
si erge e gira, lenta -
Nel rimescolio
di quest'ora triste
la sola certezza che ho
sale
da quel cornicione.

*

è giunta anche quest'ora
presto tornerò al mio paese
su un lago che brilla al tramonto
e profuma di narcisi.
Rivedrò l'ampia, liquida distesa
delineata dai monti sinuosi
i seducenti voli di poiana
nella luce tra l'opaco e lo smeraldo.

.


martedì 22 ottobre 2013

Transfinitum

Il modello di piano complesso che Florenskij costruisce nel saggio “Gli immaginari in geometria”, diverso dal classico piano di Argand-Gauss, terrà conto proprio di due facce, come di due mondi che comunicano attraverso una frontiera, ciascuno in grado di lasciare una traccia della propria presenza sull’altro. Da una parte si trova il piano reale, dall’altra il piano a coordinate immaginarie pure. 
(in mezzo, l'infinito della natura).

Leggendo Florenskij questo inciso tratto da "La matematica dentro di noi" mi ha colpito, così come 
la verità al sapore di antinomia.
E la geometria ellittica di Dante.

Bisogna imparare a vedere i rapporti geometrici in tutta la realtà e a individuare le formule in tutti i fenomeni. Chi è capace di rispondere all'esame e di risolvere i compiti, ma dimentica il pensiero matematico quando non si parla direttamente di matematica, non ha appreso la matematica.

(impariamo dal ragno!:-)

* * *

Trigonometria di ragni, di Angelo Scandurra

Il ragno intreccia
fili di sangue
nel dolore sordo del baricentro,
ma la preda
non accetta trigonometrie;
la fine circostanziale
implica altri destini,
resta un rebus
troppo chiaro, quasi aperto



*


Spleen, di Baudelaire


Quand la pluie étalant ses immenses traînées 
D'une vaste prison imite les barreaux, 
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées 
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux...


*


Sulla montagna, di Daniele Barbieri



tu, bianca, sali per la montagna
di roccia rossa, dentro un mattino
di bruma sopra la larga piana
ansiosa nel suo sogno di verde
e non c’è Dio, o ci ascolta soltanto
forse nelle pietre che raccontano
quell’alito di fuoco, più in basso
persiste la città dell’attesa





venerdì 18 ottobre 2013

Lezioni di fisica

Che sappiamo noi oggi della morte
nostra, privata, poeta?
……………………………….Poeta è una parola che non uso
di solito, ma occorre questa volta perché
respinti tutti i tipi di preti a consolarci non è ai poeti che tocca dichiararsi
sulla nostra morte, ora, della morte illuminarci?

(Elio Pagliarani, da Lezioni di fisica)

* * *

Con il permesso di Fabiano Alborghetti, in partenza per Varsavia, pubblico questo suo articolo che risale all'anno 2006, pubblicato quando ancora esisteva splinder dal reverendo padre Fabrizio Centofanti.
Mi piacque così tanto che pensai di stamparmelo. Ora è l'unica copia che esiste, e la voglio condividere.


Domandarmi cosa è la poesia, sarebbe domandarmi come è un pomodoro, un quadro, un taglio di capelli o una vettura: una cosa necessaria e vitale per alcuni, inutile invece per altri.
Domandarmi invece cosa è il poeta è una cosa diversa. Potrei definirlo un mestierante che ha imparato o cerca di imparare bene un lavoro (come un falegname, un agricoltore) o un arte (alla pari della fotografia, della scultura volendo fare un esempio). Però se imparo un arte specifica come l'intagliare il legno o il produrre oggetti o riesco a far fruttare la terra perchè dia frutti che posso mangiare o vendere, allora un mestiere vero e proprio lo possiedo, potenzialmente posso essere utile alla società che dal mio operato trae del beneficio. A pari merito parrebbe essere il discorso riferito alle forme d'arte: se fotografo, potrò lavorare per un giornale ed offrire squarci di cronaca visibile, farò vendere vestiti se mi occupo di moda, o farò vendere lattine di tonno se fotografo oggetti. Scolpendo la pietra potrò far si che il mio prodotto venga esposto, messo in un museo, in una piazza, in una casa privata. la società poserà gli occhi su quel prodotto frutto del mio ingegno e ne ricaverà qualcosa, qualunque essa sia, fosse anche una breve sosta. In quella sosta sarà avvenuta comunque una riflessione.
Ora una domanda: può accadere la stessa cosa con la poesia?

*

Se mi rispondo, in parte accade e spesso non lo sappiamo (non ce ne accorgiamo) oppure vorremmo che il riconoscimento dato al frutto del nostro lavoro fosse così plenario, planetario, da soffocare quelle stille di vero apprezzamento che riteniamo però sempre insufficienti, miserrime per numero.  E' il confronto (inteso come misurazione di pesi e misure atto ad affermare la migliore qualità di questo o quello) che fa del poeta un insofferente e un incapace, così come l'invidia. Come posso essere invidioso di qualcuno che si cimenta con il linguaggio (qualunque forma abbia,: scultura, poesia, musica) che è differente dal mio?Ognuno pratica il proprio mestiere a livello così personale(visto che deriva da quella serie di nozioni che hanno formato anche il nostro carattere) che non è possibile alcun confronto. Nè tantomeno è possibile affermare che A è meglio di B. Sono semplicemente due cose diverse.
Ed è per il confronto che la poesia affonda in questioni altre e smette di essere poesia.

*

Preso per la sfera in cui è competente, il poeta produce qualcosa che viene recepito, amato, usato: una minuzia di persone accoglierà la poesia di tizio o caio per farla propria, tanto quanto accade con una buona mensola che regge i vasi o per una scultura  che altri si fermeranno a guardare: ecco apportato il nutrimento.
Avremo così prodotto qualcosa di equivalente al lavoro dell'agricoltore. Non colpevolizzo qualcuno se non ama le albicocche. se questi preferisce prugne e melone, sarà un suo gusto personale. A pari merito, non si può colpevolizzare chi non ama la poesia o quella data espressività poetica. Avrà altro a cui devolvere il proprio apprezzamento, qualunque cosa questo sia.
Il compito del poeta è produrre con sincerità, ed avendo come risorsa la parola invece che un attrezzo dovrà usarla propriamente senza porsi il quesito dell'universalità.
Tanto quanto il falegname, il poeta sarà tenuto a dare il proprio meglio, offrire un prodotto onesto e se possibile durevole. Dovrà essere cosciente che - come in tutti i mestieri - c'è la possibilità di crescere imparando nuove tecniche e che l'evoluzione non è rinnegare le radici o il percorso. Dovrà -il poeta così come ogni altro depositario di mestiere -essere cosciente che se c'è chi ama X altri ameranno Y o Z.
Non è - questa scelta - una condanna o un rimprovero nei confronti del prodotto o del produttore, semplicemente è un gusto che fa orientare il fruitore ultimo verso una cosa piuttosto che verso un'altra.
La vera morte della sincerità del mestiere, è pretendere che il prodotto debba venire adottato plenariamente ma ancor prima del prodotto che venga riconosciuta l'importanza del produttore. Quest'ultimo è solo uno dei tanti che fa.

*
Questa coscienza non è tollerabile dal poeta: la presunzione di essere colui che usa quel mestiere meglio di altri è la vera morte del mestiere, tanto quanto il poeta non è un referente divino che porge le risposte scavalcando ogni altra possibilità di possibile illuminazione o ponendosi dove invece è presente una mancanza (per questo ho voluto citare provocatoriamente Pagliarani in quel bel passaggio da Lezioni di fisica). il poeta non prende il posto di niente (così come il falegname non fa il farmacista): ha un proprio posto e allarga al massimo lo sguardo per capire. Questo si. E dalla comprensione o dalla tensione al comprendere allora produce. Il poeta, ripeto, non dà risposte, perchè quelle risposte non tocca a lui darle: non può questi pensare con la testa di ogni gente.
Il poeta al massimo potrà sollevare delle domande.
Se questo riuscirà a fare, allora si che il mestiere poeta ha un senso ed il prodotto -per quanto possa valere sul mercato - avrà uno spazio.ricordo però a me stesso sempre una cosa: domandarmi cosa è la poesia, sarebbe come domandarmi - ancora una volta e come fatto in apertura - cosa è un pomodoro, un quadro, un taglio di capelli o una vettura: una cosa necessaria e vitale per alcuni, inutile invece per altri.
Ed è una cosa che tutto sommato mi rende molto contento perchè ho capito cosa sto facendo, dove sto andando ma soprattutto mi mette alla pari di ognuno per i mezzi che ognuno ha, seppur ogni mezzo sia diverso e personale. il resto è speculazione.

Fabiano Alborghetti



venerdì 11 ottobre 2013

Neve d'ottobre

Le condizioni metereologiche
indirizzano lo stato d'animo
verso ostinati languori.
La neve causa valanghe
psico somatiche.



martedì 8 ottobre 2013

L’opposta riva (dieci anni dopo)


In fila. In fila
lungo la sorte sino alle montagne: sottrarsi
alla propria terra per la sola carne riassumeva il motivo

il convoglio. Gente a piedi senza custode ognuno
se non la memoria, l’occhio indietro a dilavare la strada fatta.
Ognuno ripetere in silenzio:

dalla perdita presente alla trama a venire, noi siamo dove?



*

Del flusso perpetuo il nome scandiva guardando:migrazione diceva
e somigliamo allo scarto.

Una quantità in perdita
l’inutile costanza alla deriva
che non riproduce, smessa dal diritto di perdurare.

Non incalza nessuna speranza se vedi
e con ragione:
nemmeno la superficie è simile all’uomo

troppo in ritardo per somigliare, intervenire...

*
Dislocava tragola e palato senza dire
portandosi con sé solo e per la prima volta:
avvicinando la calma del lavoro finito

sostava all’argine della distanza
col timore di tracimare. L’odore del gasolio,del sale
davano la metrica certa dell’imbarco

dello scambio accompagnarlo all’opposta riva.

*
In un qualunque posto di lavoro: la posizione
bassa era offerta, una poca paga tra il baratto del nome
e il dovere restare. Prendere o lasciare mi dicevano:

a lungo andare il documento arriva. Così restavo
metà invisibile e più spazio che persona. Sbagliavano
il mio nome nel chiamare ma nessuno ne curava

costando poco chi o cosa mastica il lavoro:
carne pronta con la fame in bocca e la bocca inutile al parlare
e del rimpiazzo all’entrata la fila piena, la stessa condizione

questuante affollare per poco, per tutto il tempo...




Altri i fatti e forse abituerò.
Assomiglio al vicino, ne ho la forma:
ho le medesime stanze da abitare a un altro piano

e in similitudine che importa l’origine nella somiglianza?
Resta uguale la sveglia la rata la maternità.
Soltanto la ricorrenza ci distingue

ma oltre il Dio restano uguali gli affetti.
Ci albergano dentro dove è pari il senso, il sangue.
Solo gli occhi hanno differenze:

all’uguale altezza i miei abbassano, al tuo non vedere.

*
Il primo impegno al tempo nuovo mi indicava, il foglio
tra le mani su cui rideva in girotondi. La busta paga
dà la prova che il pane che si mangia è guadagnato mi diceva

nessun sospetto ora, che si vive alle spalle di qualcuno…


 * * *

Fabiano Alborghetti
da: L’opposta riva (dieci anni dopo) – La Vita Felice, 2013.
Le immagini sono del mio stimatissimo artista friulano: Elio Copetti.

Contraddizione, principio di non


Secondo Aristotele, principio supremo dell'essere e del pensiero, per cui risulta impossibile che un medesimo attributo appartenga e non appartenga contemporaneamente e sotto il medesimo riguardo a una stessa cosa.

* * *

Mi contraddico?
Ma certo che mi contraddico, 
(sono grande, contengo moltitudini).

Walt Whitman, Canto di me stesso, da Foglie d'erba.

* * 


…] Il fatto è che ci sono due ragioni.


C’è una ragione soprannaturale. È la conoscenza, gnosi, γνωσις, di cui il Cristo è la chiave, la conoscenza della Verità il cui soffio è inviato dal Padre.

Ciò che è contraddittorio per la ragione naturale non lo è per quella soprannaturale, ma questa dispone solo del linguaggio dell’altra. Tuttavia la logica della ragione soprannaturale è più rigorosa di quella naturale. (Q, IV, 134)


Simone Weil e la *percezione perfetta* del Mondo

mercoledì 2 ottobre 2013

Provocazione in forma di aforisma


  1. La cultura è ciò che sei, non ciò che sai.
  2. L’uomo colto sa vedere lontano, l’imbecille naviga a vista. Ne consegue che, per avere successo, bisogna essere colti e imbecilli.
  3. Un popolo senza poeti non ha identità.  Un popolo che ne ha troppi l’ha da tempo perduta 
  4. L’arte, è necessaria come l’aria, ma quando è cattiva, ammazza.
  5. La poesia troppo profonda, esce dall’altra parte.
  6. Vale di più una mediocre poesia letta bene di un’intera silloge scritta male.
  7. La poesia ben scritta non è letta da nessuno. La poesia ben recitata è ascoltata da tutti.
  8. Quando certi poeti leggono le loro poesie, palesano tutta la mancanza di stima nei confronti di se stessi.
  9. L’arte ci fa volare alto: il problema poi è scendere.
  10. Quando un artista vola alto, è bene mettersi al riparo dal guano.
  11. Non saremo mai un popolo civile se non ci doteremo di una legge che impedisca ai politici di scrivere poesie.
  12. L’arte è in crisi perché migliori artisti non sono ancora nati e i peggiori non sono ancora defunti.
  13. La piccola editoria italiana sopravvive grazie al narcisismo dei poeti. La grande editoria invece, grazie al narcisismo dei lettori.
  14. Il critico non vede, l’editore promette, il poeta abbocca. Il gatto, la volpe, pinocchio. Storia in due righe dell’opera prima.
  15. Il critico letterario è il Gurdulù della scrittura creativa. Il poeta, invece, il Cavaliere Inesistente.
  16. Se ogni poeta scrivesse un solo verso davvero nuovo, nello spazio di un volume collettivo potremmo contenere tutta la poesia contemporanea.
  17. La cultura è l’ala che fa volare l’arte. L’artista colto vola come un falco. L’artista ignorante vola come un pollo.
  18. La cultura non ti fa mangiare, dice un noto politico. E’ tristemente vero. Il pregio della politica però è che ti fa ugualmente cagare senza darti nulla da mangiare.
  19. E’ vero, la cultura non serve a niente, tant’è che dopo venticinque secoli ha prodotto le poesie di Sandro Bondi e i romanzi di Fabio Volo.
  20. E’ vero, la cultura non serve a niente, ma neppure l’auto se non fai la patente.
  21. Ha più senso dare caramelle a un asino, che regalare un bel libro a un imbecille.
  22. Se un poeta ti dice: “ti farò avere il mio libro”, bada che non sia una minaccia.
  23. Tutti i grandi artisti hanno creato qualche brutta opera d’arte. Non è certo un’infamia. Infamia è invece affermare che sono capolavori perché li creò un grande artista.
  24. Quando l’ignoranza è un vanto, la cultura diventa una bestemmia.
* * *

Sono aforismi di Gianmario Lucini, e saranno di prossima pubblicazione.
Li volevo anticipare perchè alcuni li ritengo esilaranti alla maniera di Giulio Cesare Croce quando narra le ingegnose "uscite" di Bertoldo.