venerdì 24 gennaio 2014

Ieros anasa (Sacro respiro)


Esy tipota dhen zitas
mono mou dhinis
aftà ta nea màtia
to aperanto enos topou
pou ieros kratai ta shimata
alla i esthisis anighoun mia telia
- edho pano sti dhafni -
stin avli pou tremi
mazi i anasa mas.


* * *

Tu non chiedi nulla

solo mi dai
questi occhi nuovi
l'immensità di un luogo
che sacro racchiude le forme.
Ma i sensi dispiegano un punto
- Qui, sopra l’alloro -
Nel chiostro che vibra
unisono il nostro respiro.



*

lunedì 20 gennaio 2014

Fame dell'essere

Il malessere umano
nasce dalla privazione
di un valore assoluto:
l'Amore.

*

ho paura dell'artrite
quando intaccherà le mie mani
e la bellezza diverrà ombra,
e le ossa il dolore più acuto
quando strideranno
nell'infinito gorgo della notte.
Ma conserverò il tuo viso
la bella fronte e gli occhi
le labbra mai taciute.

*

Forma perfetta
La luce
è fiamma che affonda
nel rosso.
Il cuore risale.

*
Telio schima
To fos
Einai Floga
pou vithizete
sto kokino

i kardhià
aneveni




venerdì 17 gennaio 2014

Philia


Giungono altri doni, qui a Via Lepsius: Carla Bariffi (vale davvero la pena visitare il suo armonioso ed interessante spazio http://lasoldanella.blogspot.it e leggere l’ultimo libro, Rapsodia in rosso, edito da CFR) mi offre due poesie recentissime che hanno la particolarità di avere una versione in greco moderno ed una in italiano, in uno scambio costante tra le due lingue. Assieme a loro ne sono arrivate altre tre, solo in italiano, che proporrò prossimamente, perché mi piacerebbe che gli eventuali visitatori si soffermassero ora su questa philia tra due lingue contigue e sorelle.


jodice-attesa-stromboli-1999
Mimmo Jodice: Attesa (Stromboli).

Niothis tin omorfià
etsi opos tin aghapi
Asterikò simpan
pou na proseghisoume mono mporoume
* * *

Si percepisce, la Bellezza
così come l’Amore;
Universo Stellare che
possiamo soltanto sfiorare.

jodice riva degli schiavoni
Mimmo Jodice: Riva degli Schiavoni.


Einai i omiotita, pou nikai ta panta
ghiatì s’aftin antanaklame
ti smiksi nou kai epithimias
tin anahoriti outopia pou den paradinete.

* * *
é la somiglianza, che vince su tutto
poichè in essa riflettiamo
l’unione di pensiero e desiderio
l’ascetica utopia che non si arrende.

sabato 11 gennaio 2014

una poesia di Padre Turoldo

Essere nuovi come la luce a ogni alba
come il volo degli uccelli
e le gocce di rugiada:
come il volto dell’uomo
come gli occhi dei fanciulli
come l’acqua delle fonti:

vedere
la creazione emergere
dalla notte!

Non vi sono fatti precedenti:
non parlate di millenni
o di giorni o di altri millenni.

Né creatura alcuna correrà
il rischio di essere sazia:
principio altro principio genera
in vite irripetibili
come le primavere.

Io debbo essere un segno mai visto
ipostasi del non visto prima,
goccia consapevole o perla della notte,
il lucente attimo d’Iddio
che per me solamente
così si riveli e comunichi.

Unico male l’abitudine
e la scelta tragica:
discorrere invece che intuire.

E la mente si popola di idoli
e il cuore è un deserto lunare:
solo la Meraviglia ci potrà salvare
aprendo il varco
verso la Sostanza.

Allora il medesimo silenzio dell’origine
nuovamente fascerà le cose,
o eromperà – uguale
evento – il canto.




lunedì 6 gennaio 2014

Rapsodia in rosso: una lettura di Sebastiano Aglieco

Carla Bariffi, RAPSODIA IN ROSSO, Cfr 2013
Bellano-03Scientemente, adoperando lo strumento della riflessione filosofica, le sequenze di Rapsodia in rosso analizzano come si perviene dal nero al rosso; dall’informe, alla creazione di qualcosa che conservi in sé le feconde occasioni della vita: “caparbiamente osare / usurpare / il nero”, p. 10.
Dico a fiamma bianca, perché “è l’azzurro che vince / mediatica punta meridiana / perpendicolare”, p. 18, ricerca di una semplificazione che mi sembra possa riassumersi in un pensiero sull’assenza: “L’assenza non è nello sguardo / del cane che implora / l’assenza è metallica lama / che affonda e rimuove”, p. 11.
Questa poesia, allora, sembra camminare lungo il sentiero periglioso di infinite conoscenze che sono trappole e strumenti nello stesso tempo; contempla e riflette, si mostra brevemente in lasse indipendenti, spesso di splendente saggezza. Sono lacerti che contengono un erotismo naturale, contemplazioni paesaggistiche, le rive di un lago, i suoi colori che trascolorano nel tempo; ma anche le infinite polluzioni di uno spazio stracolmo di materia, dove pur si situa il nostro, quanto utile non lo sappiamo, desiderio di conoscenza: “Chi dedica la vita all’ascolto / sacrifica una parte del reale (del sé?) / – vive in bilico – / tra due mondi sconosciuti”, p. 34.
È evidente che, questo genere di poesia, prima o poi finisce per investire il senso stesso della scrittura, la sua essenza e la sua radice. La Natura, si dice in un passaggio, è pervasa dal Pneuma, quindi da un istinto ad essere partendo da forme primordiali a cui, forse, riesce a sottrarsi solo il pensiero di un bambino: “Disincarnato frutto / la conoscenza del bambino / la sua energia-guida / verso l’enigma delle cose”, p. 20.
Eppure, anche nella trasgressione dell’io formato, che vorrebbe ritornare ad essere bambino non più ingenuo, partendo da tutta l’esperienza della vecchiaia, questa rapsodia vuole proclamare la possibilità di partecipazione, del miracolo del Tutto che esiste e felicemente si disperde, malgrado noi stessi.
“La grazia / conosce la trama del fiore / nel petalo rosa il mio rosa / nel rosso che goccia il mio sangue / la spina che spingi / e lo sai”, p. 36.
Sebastiano Aglieco
Var 2014


***
L’altrove è un luogo costruito
nella mente e nello spirito.
Penso questo mentre cerco
la mia penna preferita.
***
La percezione cambia
quando semini il distacco dalle cose
e la mente stira i passi dentro l’ombra
che attraversa ogni pensiero.
Realtà è ciò che comprende
il tuo campo visivo.
***
Ogni tuo silenzio
è sfida
raccoglie dal buio
- Scintille -
le sparge sul lago,
lo incendia.
***
Pascal ci aveva visto giusto;
il malessere degli uomini deriva da una sola cosa:
non sapere stare soli in una stanza.
***
Un’immensa nostalgia
si appropria del mio cuore
lo tinge di un ocra che cola
sbavato sul crinale cristallino
dell’occhio.
Si strappa e si riflette
brevemente
nell’orbita dell’acqua.
Ma è l’azzurro che vince
mediatica punta meridiana
perpendicolare
tra le strette falangi del mio pugno.
***
Ogni calligrafia raccoglie imperfezioni
che non vanno dimenticate.
Esse definiscono una mappa
che accorpa passato e presente
nella forma che il destino ci tramanda
nei secoli dei secoli.
***
Negli occhi si spegne
l’azzurro remoto del giorno
e palpita il nero.
***
Siamo mutevoli come animali
ma anche come i fiori
che non sempre mostrano
la gioia di un pistillo
o il gambo piegato dal vento.
***
È il silenzio
che domina il pianeta
non la musica o il canto
“il suono in senso pieno”
ma il silenzio – sterminato – di Dio.
Da qui nasce il pensiero e i sillogismi
e tutto ciò che lega
l’ossario della pelle all’universo.
***
La mia religione è nel verde
dell’acqua che culla e traspare
in ogni pensiero che sfiora
la mia ricordanza.
***
Nel momento stesso in cui accade
ogni cosa è condannata all’aporia
l’abisso risucchia ogni verbo
disossandone la carne.
***
È nella tua lingua
che la mia lingua prende
la forma perfetta del suono.
Beve la goccia scavata
nel cono di luce;
lo assimila e lo scopre.


SCRIVERE NON È UNA PASSEGGIATA


Scrivere
non è una passeggiata a mezz’aria.
Scrivere prefigge una postura
post-durale
un volto che si fonde
in altri volti
un corpo da sfamare
- un madrigale -
Scrivere è potenza che si stempera
impotente dalle dita
per andare a schiantarsi sul muro
del nostro sentire.