lunedì 3 febbraio 2014

Compitu re vivi, Sebastiano Aglieco


-      L’abbandono è una forma del sacrificio –
Lettura impegnativa e dolorosa, quella di: Compitu re vivi; un compito di vivere che l’autore si impegna a rivelare sondando la propria coscienza, maturando il distacco dalle cose, delineando: un uomo.
*sono stato in qualcosa che
non sono più, qualcuno
ha sporcato
la mia infanzia.*
Nove sezioni, come i nove cerchi danteschi, che segnano un percorso, una esperienza che andrà ad intrecciarsi alla nostra sensibilità personale tracciandone una forma del cuore, un fiore odoroso, un canto.

I titoli delle sezioni sono: Vini e cuntu (vene e racconto) - Jancu e russu (Bianco e rosso) - Tri ficuri (Tre icone) - E me matri (Alle mie madri) - Marunnìna re lacrimi (Madonnina delle lacrime) - Compitu re vivi (Compito di vivere) - 'Stati (Estati) - Binario 21 -Mmernu (Inverno).
Da: ‘Stati (estate)
Ho deciso:
aprimi, se vuoi, come
una melagrana, e guardami
tutto è nel petto, qui
che trema della sua gioia
della sua veloce spina.
È un dire che scava, quello di Aglieco, che si racconta nei frammenti dell’infanzia, la visione come punto di salvezza, e un cortile che ci parla di lontano….
Ti ricordi quella sera?
Un’estate caldissima, una voce
Che faceva proclami dal cortile
E io, dentro, non ci volevo stare
Io cercavo la bocca che porta
Al mare, fiori neri e fantasmi, guardiani
Del sonno potente dei bambini.
Ci lasciò l’innocenza
Se ne andò in quella bocca di baci il tuo colore
La macchia spuntava nella malacarne
La rosa odorosa si sfasciava.
Leggere versi così essenziali porta il lettore ad immedesimarsi nel vissuto, ad oltrepassare una soglia, a porsi all'ascolto di qualcosa di profondamente radicato, protetto da un’assenza invisibile ma palpabile, viene a trovarsi a contatto con l’origine di una forma e col peccato che la contamina, con la verità che chiede solo di essere accolta.
Da: Canto alla madre
E ti intuisco nella voce, voce che apre
La bocca del tempo degli uomini
La spalanca per salvarsi.
Partiremo tutti
Piccoli figli di niente sotto il tuo
Mantello, nel ventre, a moltitudini.
Questo ti riconsegneremo
Nel tempo della sconfitta e della pioggia:
i piccoli occhi dei bimbi nella luce del primo mattino.
Da: Vini e cuntu (vene e racconto)
Cortile
Niente rumore, il nulla degli angeli dietro le tende
La mente respira in un altro respiro
Gli occhi delle prefiche rivoltati
Nel vicolo, deve essere una femmina, maledicevano
Nei loro seni mostruosi.
Questi furono i pensieri degli uccelli abbandonati
Dietro muri che nascondono un’altra
Casa vedova dei fiori.
Un viaggio interiore nella terra dell’infanzia dove il bambino è già uomo, la crescita è già cicatrice, la terra il marchio di un segno tradotto in visioni.
Da: Binario 21
*Io volevo parole per tutte le cose
ma le cose, nutrite, morivano.*
Come a dire che il vero nutrimento non è materiale, non accade per induzione, ma per accoglienza. 
Termino queste mie impressioni con questi frammenti, tratti da ‘Mmernu (inverno)
Ecco gli oggetti nel buio
Il chiarore del bacio che t’incontra
La mano che ricorda.
Insegnami la lingua delle parole
Mute, l’amore nel sonno, la distanza
Della luce dal suo chiarore.
* * *
Da: Cerco un giardino dove morire
I semi sono riposti.
Tornare è custodire
Nel bacio della sera
Il nostro bacio mancato.


in apertura, la *Madonna dei pellegrini* del Caravaggio

1 commento:

  1. non si può scrivere la spiritualità, ma la si può attingere da un testo tutto pregno ...
    io ne ho estratto l'essenza, (quella che mi ha parlato) e ho distillato la mia goccia :-)

    RispondiElimina